La Germania al voto: molte incognite e pochi punti fermi
di Andrea De Petris
Direttore Scientifico Centro Politiche Europee Italia, Membro del Direttivo ADIT
Le elezioni per il Bundestag in Germania del prossimo 26 settembre appaiono le più incerte da molti anni a questa parte, e caratterizzate dai maggiori elementi di novità rispetto al recente passato. In primo luogo, si tratterà delle prime consultazioni successive all’annunciato abbandono della politica da parte della Cancelliera uscente Angela Merkel (CDU), che ha scelto di uscire volontariamente di scena dopo 16 anni alla guida della RFT.
In secondo luogo, l’assenza nella campagna elettorale di una personalità forte, capace di catalizzare l’attenzione di una parte considerevole dell’elettorato, ha in parte disorientato l’opinione pubblica: per la prima volta da tempo, infatti, dai sondaggi non emerge un partito nettamente favorito per primeggiare nella competizione. I partiti verosimilmente in grado di superare la soglia di sbarramento del 5% delle preferenze di lista e ad accedere alla trasformazione dei voti conseguiti in seggi sono sette: i due di matrice conservatrice CDU (Christlich-Demokratische Union) e CSU (Christlich-Soziale Union), unite da decenni in un unico gruppo parlamentare al Bundestag e per questo note anche come “Unione”, il partito socialdemocratico SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands), il partito liberale FDP (Freie Demokratische Partei), il partito ambientalista dei Verdi (Grünen), il partito di sinistra Die Linke, ed il movimento di destra sovranista Alternative für Deutschland (AfD): è tra questi soggetti politici che dovrà uscire dalle urne il partito vincitore, e la successiva coalizione di governo.
Il terzo aspetto di novità del prossimo voto tedesco consiste nel fatto che, per la prima volta nella storia della politica della Bundesrepublik, stando alle analisi demoscopiche sarà necessario ricorrere ad una coalizione fra tre forze partitiche, poiché nessuna alleanza a due sembra avere la maggioranza dei seggi al Bundestag. Nei loro programmi elettorali, i partiti hanno presentato proposte varie e molto articolate, in parte simili ed in parte divergenti, e tuttavia va sottolineato come – sia pure con la non trascurabile eccezione della AfD -, tutte le principali forze politiche in campo aderiscano complessivamente ai valori ed ai principi del patrimonio costituzionale comune europeo, senza mettere in discussione il processo di integrazione dell’UE: un aspetto importante e non scontato, considerate le attuali condizioni dei sistemi partitici di molti ordinamenti del vecchio Continente.
Una quarta novità riguarda il previsto uso massiccio del voto per lettera, a causa della pandemia. Rispetto al 2017, quando un terzo dei suffragi furono espressi per lettera, le stime relative alla consultazione attuale indicano un possibile utilizzo del Briefwahl per almeno la metà degli aventi diritto. Questo fenomeno limita l’attendibilità degli stessi sondaggi elettorali, in quanto l’elettore di turno potrebbe aver già votato per lettera nel momento in cui partecipa ad un’analisi demoscopica: questo rischia di compromettere la fotografia fornita dal sondaggio, che sarebbe meno rappresentativa del solito dal momento che chi ha già votato per lettera potrebbe aver reagito a stimoli diversi da quelli che condizionano l’opinione del campione che si recherà di persona alle urne, e che potrebbe ancora cambiare il suo orientamento di voto. Per la stessa ragione, eventuali colpi di scena dell’ultimo minuto su uno dei candidati o dei partiti in lizza avrebbero un impatto più contenuto del normale sull’esito della consultazione.
Per quanto attiene alle conseguenze che l’esito delle elezioni potrebbe produrre per gli interessi italiani ed europei, sembra confermarsi l’assioma secondo cui in Germania i cambi di Legislatura raramente comportano mutamenti radicali nell’orientamento del nuovo Governo, anche perché di regola almeno uno dei partiti della nuova coalizione faceva parte anche nella maggioranza uscente. Con la sola eccezione della AfD e qualche distinguo della Linke, tutti i partiti principali concordano sulla prosecuzione della partecipazione tedesca ad ONU, NATO ed UE. Per l’Italia, che spesso in Europa ha sofferto un isolamento causato dalle indisponibilità di pochi Stati membri scarsamente collaborativi, la proposta di molti partiti tedeschi di sostituire il voto all’unanimità con quello a maggioranza in alcune materie strategiche per gli interessi dell’Unione Europea, come la difesa comune o la gestione dei flussi migratori, sarebbe un cambiamento molto favorevole. Anche i futuri rapporti internazionali della Germania, come il rilancio dei legami con gli USA, il sostegno alle relazioni commerciali con Russia e Cina nel rispetto della centralità dei diritti, la cautela negli accordi sui migranti con la Turchia ed i Paesi del Nord Africa, sembrano in buona parte in linea con gli interessi dell’Italia. Infine, l’attenzione dei programmi elettorali tedeschi alla rivoluzione verde prospetta una Germania in prima linea nell’attuazione del Green Deal europeo: per l’Italia, che punta sulla svolta verde per il rilancio della propria economia, Berlino potrebbe diventare un importante alleato, soprattutto nel caso di un Esecutivo a trazione rosso/verde.
A poche ore dal voto, il confronto politico resta comunque aperto, anche perché se il socialdemocratico Scholz sembra momentaneamente primeggiare in termini di preferenze personali nei sondaggi, gli scarti nelle previsioni di voto per i principali partiti restano nell’ordine massimo di 3/4 punti percentuali, con la SPD accreditata di una quota di consensi variabile tra il 23 ed il 26%, l’Unione (in ripresa) tra il 22 ed il 25%, i Verdi tra il 15 ed il 17%, Liberali ed AfD entrambi tra il 10 ed il 12%, e la Linke tra il 5 ed il 7%.
Con queste previsioni, una variante con alte probabilità di realizzarsi è la cd. alleanza “Kenya” CDU/CSU-SPD-Verdi (dai colori della bandiera keniota – nero/rosso/verde, corrispondenti ai colori che identificano le tre formazioni partitiche citate), che vedrebbe la partecipazione dei tre partiti verosimilmente più votati, e potenzialmente in grado di produrre un Esecutivo stabile. I principali punti di attrito di un Governo del genere potrebbero riguardare le politiche fiscali, per le quali l’Unione – diversamente da SPD e Verdi – vuole mantenere bassa la pressione per i redditi alti, le politiche migratorie, su cui socialdemocratici e ambientalisti sono molto più aperti di CDU/CSU, la restaurazione del Patto di Stabilità e la gestione comune del debito degli Stati membri dell’UE.
Stesse valutazioni per la cd. “Coalizione Semaforo” tra SPD, FDP e Verdi, così chiamata per la corrispondenza tra i tre colori presenti in un semaforo (rosso, giallo e verde) e quelli identificativi delle tre forze politiche citate. Qui le divergenze maggiori potrebbero riguardare ancora le politiche fiscali, vista la contrarietà dei Liberali ad inasprimenti della pressione per i redditi elevati. Altri contrasti potrebbero sorgere sulla gestione dei flussi di migranti alle frontiere esterne dell’UE, e sul finanziamento del debito comune europeo (pandemico e non), per il quale i Liberali auspicano un rapido ritorno alla condizione pre-covid, mentre SPD e Verdi favoriscono una condivisione stabile degli oneri fiscali per i programmi di sostegno alle economie degli Stati membri.
La cd. “Coalizione Giamaica” tra Unione, FDP e Verdi, dai colori della bandiera giamaicana (nero, giallo e verde) eguali ai tre partiti citati, potrebbe avere maggiori chances di realizzazione che nel 2017, quando era stata accantonata per indisponibilità dei Liberali: sarebbe un’alleanza con un forte allineamento di due dei tre partner (CDU/CSU ed FDP) su fisco, politiche economiche europee e migrazione, ma anche una considerevole distanza tra i primi due ed il partito verde sulle politiche fiscali, ambientali ed energetiche.
La “Coalizione Germania”, dai colori della bandiera nazionale (nero, rosso, giallo), vedrebbe un Governo dei tre partiti “storici” della Bundesrepublik: Unione, FDP e SPD. Qui valgono le stesse perplessità espresse per le coalizioni “Kenya” e “Giamaica”, con due partiti su tre molto vicini su buona parte dei principali punti programmatici, ed il partner socialdemocratico distante su fisco, politiche ambientali, assetto politico/economico dell’Unione Europea e gestione dei flussi migratori.
Infine, sarebbe possibile una coalizione rosso-rosso-verde tra SPD, Verdi e Linke: una delle alleanze forse meno problematiche, date le considerevoli affinità programmatiche tra i tre partiti, ma anche quella che potrebbe contare su numeri presumibilmente limitati, con il pericolo di non poter esprimere un Esecutivo con numeri solidi in Parlamento.
Fra le varianti descritte, lo scenario di un Governo rosso/verde/giallo comporterebbe, ovviamente, il passaggio dell’Unione all’opposizione dopo 16 anni alla Cancelleria, e ciò comporterebbe un’inevitabile rifondazione dei quadri di partito quanto meno all’interno della CDU. Probabilmente, riprenderebbe quota l’ala cristiano-democratica più “rigorista” sui conti pubblici nazionali ed europei rappresentata da Friedrich Merz, che potrebbe a questo punto sostituire Laschet alla guida dell’opposizione ad un Gabinetto Scholz, in attesa di tentare la riconquista della Cancelleria nel 2025.
In ogni caso, si tratterebbe dell’ennesima “alternanza soft” alla tedesca, in cui delle forze politiche presenti nel Governo uscente restano al potere anche nel nuovo Esecutivo, seppure in collaborazione con altri partiti: probabilmente, è questo l’unico punto veramente fermo dal quale la Germania del dopo Merkel ripartirà all’indomani del voto.